Conti e carte

Pignoramento conto corrente: limiti, cos’è e come funziona

Il pignoramento del conto corrente è una misura di esecuzione forzata che permette ad uno o più creditori di recuperare delle somme non pagate attraverso il rapporto bancario del debitore. Quella che riguarda il conto corrente è una delle forme di pignoramento più temute da parte di chi ha debiti non onorati in quanto si presenta come una procedura non solo rapida e snella, ma anche sicura ed a buon mercato, ovverosia con bassi costi sebbene ci siano spesso delle limitazioni sulle somme che sono prelevabili in maniera forzosa.

Il creditore che ottiene il pignoramento di un conto, per recuperare il debito, infatti, può farlo in piena libertà o deve rispettare delle opportune disposizioni di legge in base al profilo del correntista, ed in particolare se trattasi di un lavoratore dipendente o di un pensionato, di un imprenditore, di un lavoratore autonomo e così via che accredita sul rapporto bancario lo stipendio o la pensione.

Inoltre, il creditore può recuperare le somme dovute, oppure nulla, oppure ancora solo in parte in base al saldo che è presente sul conto corrente bancario o postale al momento stesso del pignoramento.

Nel dettaglio, giusto per fissare le idee, se il creditore ottiene il pignoramento del conto per recuperare 2.000 euro, ed il saldo in quel momento è di soli 1.000 euro, allora andrà a recuperare solo la metà ed il correntista sul conto potrà operare solo immettendo bonifici in ingresso.

Se invece sul conto pignorato ci sono più di 2 mila euro, allora per la parte eccedente, non pignorata, il correntista potrà continuare ad operare sul rapporto bancario senza alcuna restrizione. Questo vale in generale in quanto, se sul conto corrente sono accreditate pensioni o stipendi, come sopra accennato, esiste una franchigia a favore del debitore che è pari a tre volte l’importo dell’assegno sociale.

Per esempio, se sul conto corrente di un impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato, o di un pensionato Inps, ci sono 1.600 euro, ed il triplo dell’assegno sociale equivale a 1.400 euro, allora la somma effettivamente pignorabile è pari a 200 euro, ovverosia a partire dalla quota eccedente quella che è una soglia di protezione altrimenti il debitore, oltre a rischiare di finire sul lastrico, non avrebbe più alcun reddito e possibilità economica di poter rientrare nel tempo dai debiti.

La regola dell’importo dell’assegno sociale moltiplicato per tre vale al momento del pignoramento del conto, e del rilevamento della liquidità che è presente sul rapporto bancario, mentre in caso di bonifici in entrata successivi attualmente la legge prevede che la quota pignorabile, sempre parlando di stipendi e di pensioni, non può essere mai superiore ad un quinto.

Nel complesso, quindi, con il pignoramento un creditore può rivalersi sul debitore a patto che il conto corrente sia in attivo, nei limiti delle somme dovute e nel rispetto delle vigenti norme di legge sulle quote pignorabili come sopra descritto.

Questo significa che, se sul conto non sono accreditati stipendi o pensioni, tutta la liquidità da parte del creditore è pignorabile al 100% nel limite massimo delle somme che il debitore fino a quel dato momento non ha pagato.

La protezione di legge a favore di lavoratori e pensionati, di conseguenza, è strettamente legata al fatto che nella maggioranza dei casi trattasi di soggetti indebitati che non hanno pagato proprio perché impossibilitati e privi della disponibilità economica necessaria per soddisfare in pieno le richieste e le spettanze di uno o più creditori.

Sulla quota pignorabile, inoltre, la natura del creditore di norma fa la differenza se trattasi, ad esempio, dell’Agenzia delle Entrate Riscossione oppure di un soggetto privato. Nel dettaglio, considerando il pignoramento di uno stipendio, la quota di un quinto, quale quota massima pignorabile, si applica quando il creditore è l’Agenzia delle Entrate Riscossione, e per gli scaglioni di stipendio da 5 mila euro a salire.

Al di sotto dei 5 mila euro, infatti, la quota massima pignorabile diminuisce, sempre nel caso di stipendio con il Fisco ad esigere il dovuto in maniera forzosa, come segue: non più di un decimo dello stipendio netto fino ai 2.500 euro, e fino a massimo di un settimo per scaglioni di stipendio tra i 2.500 euro ed i 5.000 euro.

Se invece il conto corrente che è stato pignorato è di proprietà di un lavoratore autonomo, di un professionista oppure di un imprenditore, allora il pignoramento, così come sopra evidenziato, non solo può essere integrale, ma non valgono più i limiti e gli scaglioni sopra indicati.

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